Per non morire di ovvietà: la scuola che afferra il presente

<<Perché sono salito quassù? Chi indovina?
Per sentirsi alto.
No [...]. Sono salito sulla cattedra per ricordare a me stesso che dobbiamo sempre guardare le cose da angolazioni diverse. E il mondo appare diverso da quassù. Non vi ho convinti? Venite a vedere voi stessi. Coraggio! È proprio quando credete di sapere qualcosa che dovete guardarla da un'altra prospettiva>>.

Prof. J. Keating, L'attimo fuggente, 1989

Trentuno anni fa Robin Williams sceglie di narrare un altro modo di fare scuola: il suo film, Dead Poets Society, si abbatte come un uragano categoria 5 della scala Saffir-Simpson sulle fragili pareti della scuola dell'ovvietà. Quella che crea disciplina di Stato, ingessando i cervelli prima ancora delle anime. Quella che narcotizza le coscienze, insegnando in modo pedante il rispetto formale per la legge, omettendo, sapendo scientemente di farlo, ogni legame di quest'ultima con la giustizia sociale.

Keating è un ribelle positivo perché ama la vita: la sente scorrere dentro, istante dopo istante; non ha paura di percorrere la strada meno battuta, che porta quasi sempre fuori dal gregge e dalle sue rassicuranti modalità di accettazione/accoglienza, ma che rischia di condannare ad una temporalità di rimpianti e sensi di colpa. Sì, una overdose di "se e ma" con i quali convivere ogni giorno della propria esistenza.

La scuola di Keating sfregia la scuola del potere che ha come finalità la fabbrica del consenso alla società dei padroni: sovverte le 'parole di potere', cioè l'alfabeto con cui la retorica di classe crea omologazione. L'attimo fuggente, nome con cui il film esce in Italia, devasta la rassicurante tradizione piccolo-borghese imperniata sulla (falsa) mobilità sociale e sul desiderio continuo di accumulo di titoli e profitto nella speranza di sedersi, il più possibile comodamente, ai tavoli della 'first class'. Keating rigetta la grammatica servile della tradizione scolastica, spinge i suoi ragazzi a guardare oltre l'ovvietà: insegna loro un'altra prospettiva e lo fa in una maniera che non ammette repliche o ambiguità di sorta. Umilia la cattedra, simbolo nello schema verticale della costruzione delle 'parole di potere', saltandoci sopra e spingendo i suoi ragazzi a misurarsi con la disobbedienza. Quella vera. Che è ricerca libera di sapere, consapevolezza di presente, linguaggio delle emozioni, acquisizione di identità, scopertà di alterità.

Il mantra di Keating è il presente, da afferrare nella sua pienezza e intensità: <<Molti uomini hanno una vita di quieta disperazione: non vi rassegnate a questo>>.  Cercate il vostro verso, ripete il professore ai suoi studenti, <<succhiate la vita fino al midollo>> per non scoprire dinanzi alla morte che non avete vissuto. E la narrazione si snoda lungo questo crinale: da una parte l'abisso del conformismo, l'obbedienza alle 'parole di potere' che manipolano il passato per sequestrare il presente, in modo da poter consegnare a una ristretta oligarchia le chiavi del futuro. Dall'altra, gli infiniti cosmi della speranza, il coraggio della disobbedienza che libera il 'potere di parola' traendo dal passato tutto ciò che può nutrire il presente di vitalità e autenticità, affinché il futuro sia 'aperto'. Per tutti.

<Qualunque cosa si dica in giro, parole e idee possono cambiare il mondo>>: non siamo condannati a trascinarci come mendicanti dell'ovvietà, elemosinando gli avanzi dei padroni. Non siamo costretti a insegnare le 'parole di potere' e neanche ad essere i meri compilatori dei registri del sistema, ossessionati da procedure valutative che servono per lasciare i forti ancora più forti e i deboli ancora più fragili socialmente. L'avventura umana non è riducibile ad un algoritmo, con buona pace per i paradigmi della civiltà informatica. Vale la pena disobbedire? Sì. Assolutamente. Per morire dignitosamente da uomini consapevoli. Per vivere attraversati dalla (vera) bellezza. 

<<Io vivo per dominare la vita non per esserne schiavo!>>, Prof. J. Keating

"O Capitano! Mio Capitano!" di Walt Withman

Dedicata a Robin Williams, a sei anni dalla sua dipartita, 11 agosto 2020.

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