Disobbedienza civile e pedagogica, uniche soluzioni per cambiare la società

di Chantal Castiglione

Oggigiorno viviamo in un tipo di società in cui esiste una differenza abissale tra chi detiene il potere economico e politico anche ai livelli più vicini al cittadino e la popolazione che subisce non sempre passivamente le loro scelte.

In tutti gli ambiti del vivere sociale ci troviamo davanti a dei nuovi (seppure come idealtipo non si discostano dai vecchi modus operandi) oppressori. Questi sono dotati di falsa generosità e falsa compassione nei confronti del prossimo. Vivono quasi godendo del disfacimento della società dal quale ricavano benefici personalistici. Sono i nuovi ragni che tessono la ragnatela che imprigiona ogni nuovo sussulto di ribellione.

Da questa considerazione nasce l’idea dell’Officina della disobbedienza pedagogica “Lorenzo Milani”.

La disobbedienza, che spesso ci viene presentata in maniera negativa, invece ha in sé il dono della rivoluzione. Ci permette di non omologarci alla massa, di non diventare schiavi dell’oggi e delle apparenze. L’omologazione forzata e forzosa è il vero dramma delle moderne società. Disobbedire vuol dire non lasciarsi trascinare dal centro del fiume e annegare in giorni noiosi. Ma muoversi in direzione ostinata e contraria al potere.

La disobbedienza, infatti, è come un prisma dalle molteplici facce, ognuna delle quali con peculiarità proprie ma legate dal fatto di appartenere allo stesso solido.

Molto interessante è il legame esistente tra la disobbedienza e l’educazione. Disobbedire in termini educativi, utilizzando la terminologia freiriana vuol dire passare da una educazione depositaria in cui l’educato viene visto dall’educante come un vaso vuoto da riempire e modellare, ad un modello educativo problematizzante in cui al centro dell’azione pedagogica c’è la volontà di creare negli educati una coscienza critica e capacità autonoma di discernimento.

Rimaniamo la generazione figlia della scuola dell’obbligo in cui l’insegnamento interferisce con l’imparare che è uno dei piaceri più grandi, con lo scoprire la realtà, con l’indagare la verità e con il meravigliarsi davanti al mistero che racchiude tutte le cose. L’obbligo è la ruggine di qualsiasi sentimento, è la soluzione più economica per far sentire l’essere umano un essere di meno.

Ribellarsi è un diritto/dovere per chi vuol cambiare il proprio quotidiano. Non bisogna farsi influenzare da chi promette futuro a buon prezzo perché senza un oggi dignitoso non ci potrà mai essere un domani.

Riappropriazione degli spazi sociali. Abbandoniamo le tastiere e perdiamoci per le vie delle nostre città. Ricerchiamo la bellezza e inseguiamola, come fa un ragazzino stupito col suo aquilone. Riprendiamoci le piazze che sono le nostre case, scendiamo nei parchi che sono le nostre vere aule. L’esempio più calzante è quello dell’assalto al cielo tentato da tanti giovani negli anni Settanta. Una generazione che si è spesa per l’affermazione dei diritti di tutti e lottato affinché i loro sogni e le loro speranze non venissero spazzati via dalla dura repressione.

Dobbiamo essere portatori di bellezza, quella autentica che nasce dall’incontro senza maschere con l’altro. Nell’innamorarsi delle diverse umanità di cui siamo circondati che regalano colore alle nostre esistenze. Nel sederci a ragione dalla parte del torto, degli ultimi, dei vinti e dei dimenticati ed ascoltare anche i loro silenzi. Non dobbiamo mai stancarci di tendere la mano, di dare un abbraccio sincero, di sorridere e stare sul bello delle cose.

Per fare ciò non c’è bisogno di modelli empiricamente perfetti, ma di persone che ci attraversano la vita, che si fermano nel nostro oggi e che compiano con noi un pezzo di strada. Ognuno di noi vive di piccole o grandi lotte, piccole o grandi resistenze. L’esempio può darcelo chiunque riesca a farci sorprendere e ci aiuti ad intraprendere una vita fatta di impegno per la rivoluzione quotidiana; rivoluzione tanto sognata e sperata, paura amica fedele, l’incertezza di non sapere se ne usciremo vincitori o con le ossa rotte e l’anima frammentata e la consapevolezza di restare ribelli.

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