Ricordare o non dimenticare? di Chantal Castiglione

In questo percorso tenteremo di non dimenticare. Di raccontare quello che continua ad esserci nascosto, occultato. Faremo memoria attiva e militante. Perché ce n’è grande necessità nella costruzione e ricostruzione di parti di storia delle quali siamo stati privati e resi orfani. La verità altra che è l’insieme di tante storie, vite degli altri che entrano nelle nostre e che si fondono creando arcipelaghi di speranze e di sogni e di cui ogni isoletta è un vissuto, un avvenimento degni di essere narrati.

Ma vi è differenza tra ricordare e non dimenticare? La risposta non può che essere affermativa. Si, c’è una differenza sostanziale tra ricordare e non dimenticare. 

Il ricordare è semplicemente chiamare alla memoria un determinato accadimento, pensiero, canzone, ecc... Qualcosa di meccanico. I ricordi riaffiorano così, a volte inaspettatamente.

Mentre per non dimenticare va fatto qualche sforzo in più. Entra in gioco quella che si chiama volontà. 

Non dimenticare vuol dire salvare qualcosa o qualcuno dall'oblio perenne, dal nero che avvolge tutto e non si sa bene come e quando svanisce dal nostro mondo interiore ed esteriore. Tranciare il filo spinato che avvolge la nostra memoria. Annodare tante lenzuola, calarle dalla finestra della nostra anima prigioniera e sperare che qualcuno coraggiosamente si aggrappi ad esse per tentare l'evasione.

A volte la dimenticanza è aiutata da fattori esterni che, tramite una sorta di lavaggio del cervello, danno soluzioni facili e visioni dell'esistenza falsate. In altre parole, regalano agli individui mere apparenze inserite in cornici delle quali altri soggetti hanno preso le misure e hanno costruito attorno a noi come celle invisibili. Questi altri hanno il potere di etichettare il mondo delle esperienze a loro piacimento. Ciò che prima era, ora semplicisticamente appare soltanto. Esperienze e vissuti come vasi svuotati e riempiti di luoghi comuni e di bugie. 

E poi è così semplice non ricordare, eliminare parti della nostra vita. Decidere di tracciare una linea di demarcazione netta più in là della quale è solo vita sprecata e quindi da cacciare nella dimenticanza. Eventi, persone, dolori, felicità. 

Tutto questo non viene attuato solo nella vita privata ma, cosa più grave, è in corso da svariato tempo una sorta di cancellazione di memoria collettiva. Una riscrittura totale della storia che fa gioco solo al potere, alla politica e alle mafie. Un vaccino di massa, che in un attimo rende tutti automi freddi ed aridi di memoria. 

Il potere del vincitore è proprio nella scrittura della storia, quella ufficiale, che dà il meglio di sé. Con le parole di Orwell in 1984: «Chi controlla il passato controlla il futuro. Chi controlla il presente controlla il passato.[…] Tutto svaniva nella nebbia. Il passato veniva cancellato, la cancellazione dimenticata e la menzogna diventava verità».

Pensando alla storia del nostro Paese viviamo di verità negate. Un paese senza memoria. Basti pensare alle barbarie che i piemontesi perpetrarono a danno delle popolazioni del Regno delle due Sicilie. Un vero e proprio genocidio, deportazioni di massa, esecuzioni sommarie, stragi efferate. Il Sud è stato violentato e derubato anche dell’umanità. Basta fare unsa piccola ricerca senza pretese su internet ed ecco apparire le immagini dei corpi di briganti e di brigantesse esposti in piazza e fotografati come bottini di guerra. Ma la storia ufficiale racconta altro. Racconta le glorie di Garibaldi e di tutti quelli che si prodigarono per un’Unità che, invece, ha tutti i dogmi di un’invasione.

Un altro esempio è la “verità ufficiale” propinataci su quelli che una certa criminalità intellettuale e politica ha volutamente fatto passare come anni di piombo (argomento che affronteremo presto).

Poi negli anni Ottanta, col riflusso nel privato, fino ai giorni nostri ci son stati molti che hanno preferito assoggettarsi al giogo del potere. A quel potere che prima hanno combattuto strenuamente a costo della vita, a suon di ideali, di Resistenza e di lotte e dal quale poi si sono lasciati comprare, schiavizzare e risucchiare. La vittoria della società edonistica dei consumi e delle apparenze, dei nuovi ma vecchi fascismi che si sono insinuati nel mai passato di moda sistema di società tardo-clientelare e capitalistico; che all'indignazione iniziale ha fatto susseguire la morte delle idee e delle rivendicazioni, regalando il paese a chi continua ad avere le mani sporche di sangue, corruzione, malaffare.

In conclusione, è più semplice ricordare, perché possiamo scegliere cosa e chi. Creare memoria selettiva ma non per questo più o meno veritiera. Ognuno ricorda a suo modo e non è detto che il mio modo sia migliore di quello di qualcun'altro o la mia visione sia quella esatta. Ciascuno ricorda dal proprio punto di vista.

Non dimenticare invece significa spezzare le catene del potere. Demolire per ricostruire. Lottare e Resistere. Lanciarsi nel vuoto. Non permettere al potere di spezzare il filo della narrazione, ma creare reti sociali capaci di aggregare sempre più Esistenze Altre per riscrivere parti di noi stessi, del nostro vissuto individuale e come paese. Gridare al mondo che bisogna cambiare prospettiva di osservazione della realtà. Lasciarsi trasportare dall'impatto con Storie Altre. Quelle che nessuno o pochi hanno la voglia di ricordare e raccontare. Quelle degli ultimi. Dei dimenticati. Su cui la Storia è passata sopra, le ha calpestate fino a farle diventare terriccio, polvere, inesistenze. 

In definitiva non dimenticare significa togliere da inesistenze  il prefisso in e dare nuova linfa vitale alle esistenze.